GALLERIA
Donatella Giagnacovo www.donatellagiagnacovo.com
lavora spesso con opere installative di diverse dimensioni e
per questo il suo studio è il luogo dove l’allestimento come pratica artistica
è in continuo fermento. Il rapporto tra lo spazio, i volumi, le tensioni, i
vuoti, sono parametri necessari per sviluppare una dialettica visiva che,
attraverso una narrazione intima e soggettiva, crea occasioni di scambio
necessari. Un dialogo continuo con chi passa allo studio e partecipa
spontaneamente offrendo spunti e riflessioni che spostano, ampliando, visioni
ed orientamenti.
Un “dietro le quinte”
che è forza motrice, generatrice di alleanze e diramazioni, che muta e
trasforma in un passaggio di senso.
“prove aperte di
messa in opera” è questo divenire: dove il tempo è una variabile di luce,
lo spazio è la parola scritta, il volume è il suono di una voce che vibra fra
la materia in movimento, il silenzio è la pausa nel procedere.
prove aperte di messa in opera
sono presenti:
- opere solo apparentemente in dialogo e/o
forse lo sono realmente
- pensieri liberi
e veloci ma scritti per non rischiare di perderli
- voci sussurrate piano, ma registrate per poterle riascoltare
perché un giorno ci siamo incontrate o forse in quell’incontro ci siamo solo ritrovate DONATELLA GIAGNACOVO ROSA FANALE MARIAESTER GRAZIANO
Lunedì 29 luglio 2024 dalle 19 -
Aperture a seguire dal 30 luglio al 2 agosto dalle 18.00 o su prenotazioni contatti F’Art
Dentro ai miei
vuoti
a cura
di Margaret Sgarra
Paure, insicurezze
e ansie sono solo alcuni dei malesseri che possono scuotere l’essere umano. La
creazione e la successiva gestione delle relazioni interpersonali, il rapporto
individuale con il proprio aspetto estetico e la percezione di sé nell’immaginario
esterno, rappresentano aspetti significativi dell’esistenza, i quali possono
portare l’individuo a provare stati di malessere e instabilità. Rapportarsi
alla sfera emotiva, affettiva e relazionale porta il singolo a confrontarsi con
se stesso e con gli altri, con i propri conflitti e le proprie difficoltà e a
scontrarsi con quelli che vengono percepiti come dei “vuoti”: mancanze interiori
invisibili che hanno radici profonde dovute a traumi, circostanze ed eventi
passati. Un atteggiamento comune messo in atto dall’individuo al fine di
anestetizzare il dolore provato e sottrarsi dalla possibilità di provarne
ulteriore, è quello di proteggersi attraverso alcuni “meccanismi di difesa”:
maschere e involucri apparentemente impercettibili volti a celare le proprie
fragilità e debolezze. Il progetto espositivo Dentro i miei vuoti
vuole essere un’indagine sulle modalità consapevoli e inconsce utilizzate
dall’essere umano per proteggersi emotivamente nella contemporaneità
analizzandone aspetti positivi e criticità attraverso le opere di: Alice
Padovani, La Chigi, Laura GuildA e Roberta Toscano. Il vuoto diviene così
spazio di narrazione in cui si confrontano emozioni contrastanti e molteplici
possibilità di esistenze.
SABATO 4 NOVEMBRE 2023 ORE 18.00
Spazio F’ART presenta la Performance a cura di MONICA GIOVINAZZI dal titolo
PETROLIO.
Petrolio è l’ opera postuma di Pier Paolo Pasolini che inizia la stesura di questo romanzo nel 1972 e che si interrompe a causa della sua morte nel 1975, restando un’opera incompiuta. Petrolio è un immenso carteggio di oltre 600 pagine intrise di tracce, esperienze, documentazioni, testimonianze. Un viaggio non finito con andamenti eterogenei dove è facile perdersi in profonde immersioni tra sensi di colpa e fosche trame italiane. Petrolio viene pubblicato postumo da Einaudi nel 1992.
La performance penetra nell’architettura del non- romanzo soffermandosi su alcune letture, piani e passaggi di uno spazio ignoto dove possibili varchi invitano a percorrere corridoi su cui si aprono porte che mostrano stanze dentro stanze e ancora… per una mappatura di un intricatissimo “luogo non finito”(cit. Monica Giovinazzi)
Monica Giovinazzi
Artista poliedrica, regista, autrice e performer. Realizza installazioni e performing art. Apre a Roma l’Associazione di promozione sociale Raabe-Centro UNLA per la lotta contro l’analfabetismo di ritorno. Organizza performance, laboratori ed esposizioni d’arte figurativa, oltre a numerose attività didattiche. Dal 2005 opera anche a Vienna, dove fonda Rotehaare Kulturverein, per la messa in scena di spettacoli e interventi performativi e per la diffusione della cultura italiana, collaborando con gli enti locali, scuole ed Università, con Istituti e Ambasciate dell’Unione Europa a Vienna e con la Cattedra di Scenografia dell’Accademia di Belle Arti di Roma. Cavaliere della Repubblica per meriti culturali.
www.monicagiovinazzi.art
F’Art Via San Francesco di Paola 13, L’ Aquila
La 729° Perdonanza Celestiniana in programma a L’Aquila ad agosto offre l’occasione per una riflessione sul senso del sacro e il suo significato nel nostro tempo. Ventitré artisti e artiste attivi/e sulla scena nazionale ed internazionale dell’arte contemporanea hanno esplorato ruolo e identificazione della sacralità in una società votata a vivere in velocità e che ha fatto della concretezza e del pragmatismo associati alla scienza, alla tecnologia e all’economia il suo perno, abbandonando, apparentemente, qualsiasi speculazione ed indagine di quel territorio sospeso tra visibile ed invisibile che ha alimentato la dimensione spirituale e filosofica di generazioni di intellettuali, teologi, mistici almeno quanto ha modellato e scandito la vita quotidiana individuale e collettiva di ogni comunità umana. Esiste ancora – e nel caso dove si colloca - il sacro al tempo dell’intelligenza artificiale, della comunicazione ossessiva e compulsiva dominata dalle informazioni e dalle immagini, in cui è sempre più sfumato e incerto il confine tra reale e virtuale?
Intorno alle declinazioni della sacralità e delle sue rappresentazioni, dei suoi riti e dei luoghi ad essa deputati si snoda LUCO una mostra diffusa promossa da F’Art Associazione per la promozione delle arti visive contemporanee, curata da Barbara Pavan e patrocinata dal Comune di L’Aquila, che inaugura nel capoluogo abruzzese sabato 5 agosto 2023 a partire dalle ore 18.
LUCO deriva dal latino lucus che in origine indicava una radura boschiva più esposta alla luce solare, come suggerisce l’affinità con lucēre (brillare, splendere), e che presso i Romani si identificava per estensione con il Bosco Sacro dimora di divinità e di potenze principalmente legate alla natura e di cui la toponomastica restituisce ancora oggi la traccia (Piediluco, Monteluco, Luco dei Marsi, ecc.). Alla ricerca e all’approdo ad un ipotetico luco contemporaneo, un non-luogo che allude a uno spazio, a un tempo – reale o metaforico - o a una condizione dell’essere e dell’esperire è ispirato questo percorso espositivo articolato in tre sedi suggestive all’interno di edifici storici – il cortile di Palazzo Lucentini Bonanni in piazza Regina Margherita 7, la Galleria Italia in corso Vittorio Emanuele 79 e lo spazio espositivo di F’Art Gallery in via San Francesco di Paola 13 – che ospiteranno le opere e le grandi installazioni di Jacobo Alonso, Elizabeth Aro, Pietrina Atzori, Michela Cavagna, Cenzo Cocca, Carla Crosio, Barbara D’Antuono, Magdalena Fermina, Donatella Giagnacovo, Monica Giovinazzi, Anneke Klein, Clara Luiselli, Florencia Martinez, Miriam Medrez, Saba Najafi, Lucia Bubilda Nanni, Giulia Nelli, Federica Patera e Andrea Sbra Perego, Elena Redaelli, Beatrice Speranza, Giulia Spernazza, Elisabeth Tronhjem, Yukoh Tsukamoto.
La pluralità generazionale e di provenienze geografiche e background culturali degli artisti consente un’altrettanta molteplicità di interpretazioni e di sfumature che apre la strada ad ulteriori confronti e riflessioni sull’evoluzione dell’esigenza che accompagna l’umanità dai suoi albori di trovare un senso alla finitezza e alla fragilità dell’esistenza.
LUCO sarà visitabile con ingresso libero fino al 30 agosto 2023 (e fino al 10 settembre a F’Art Spazio per le Arti Visive Contemporanee) con orari variabili nelle diverse sedi. Informazioni al mob. +39 331 205 1481. Evento realizzato con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio della Provincia dell’Aquila, Air2bite e Studio De Carolis L’Aquila e inserito nel programma della 729° Perdonanza Celestiniana.
F’ART
A DUE PASSI DAL CIELO
Prove di attrazione celeste
La prima volta che ho sentito nominare la forza di attrazione celeste è stato ascoltando Erri De Luca, poche parole appassionate, in quel suo modo preciso, profondo ed essenziale di dire le cose della vita. Era una sera in cui lo scrittore era stato invitato a tenere una conversazione pubblica, nel parco di una casa rurale, un centro sociale in una località piuttosto periferica della pianura emiliana, senza luci della ribalta: solo un piccolo faro, un microfono sotto la luna e lì si stava insieme, seduti in ordine sparso, avvolti da quella strana intimità che si crea tra tante persone che non si conoscono ma che si riconoscono. Appena l’ha evocata, davanti a quella platea silenziosa di lettori arrivati per ascoltarlo, le sue parole sono diventate una corda tesa verso l’alto, l’invito a un esercizio di funambolismo verticale. Quella sera, ormai notte, aveva già parlato di politica, di natura, di cammini, di montagna, di mare, di ferite, di paternità mancata e di altre assenze. A un certo punto, quasi scivolandoci dentro, ha nominato un verso della sua “poeta (sic.) russa preferita” Marina Cvetaeva: «Oltre all’attrazione terrestre esiste l’attrazione celeste». Per lui non era certo la prima volta, in seguito ho scoperto che il riferimento è comparso e continua a comparire spesso nei suoi discorsi e nei suoi scritti. È una citazione che viene a galla e prende il volo. Della forza di attrazione celeste Erri De Luca afferma:
«Esiste. È la bellezza, una spinta dal basso verso l’alto che sovverte la legge di gravità, la sua schiacciante necessità. La bellezza, grazia e gratis all’opera, ne annulla il peso».[i] A differenza dell’altra forza - quella terrestre, che si rivela a noi nella caduta delle cose - di questa forza dell’ascesa nessuno ha mai pensato di doverci insegnare la formula. L’attrazione celeste è una forza mutevole e senza legge, scopri dall’evidenza delle prove che è ovunque, stupisce non averci pensato prima, perché la vedi e la senti dappertutto. La vedi negli alberi e negli steli che crescono, nelle catene delle montagne, nelle maree, nel fuoco, la senti nell’aria respirata che diventa più calda, nelle voci, nelle note e nelle preghiere. Esiste negli occhi che si alzano a guardare tutte le declinazioni del blu. Esiste dall’inizio, e forse per questo ci si è dimenticati di nominarla. Come nella Natura anche nell’Arte la potenza di questa forza si vede bene, ed è strano che a volte le loro manifestazioni siano così diverse, mentre in questo elevarsi da terra si somigliano profondamente. C’è l’azzurro, che non mente; poi ci sono la leggerezza, l’ascesa, la materia che si imbeve di luce. C’è lo spazio che si allenta, si dilata, invita, è sollievo e apertura, affaccio e soglia. La prova delle immagini è potenzialmente senza fine, a pensarle si inseguono rapide: la notte stellata di Galla Placidia, le cupole d’oro dei monaci bizantini, l’incastro perfetto del corpo di Leonardo nel cerchio e nel quadrato, i fuggitivi cieli barocchi, le mani dei santi protese al sole e quelle che giocano con la luna. Le dita di foglia della Dafne di Bernini. Rothko, Klein e Kiefer. Il Roden Crater di Turrel. L’Ascensione di fumo messa in scena da Kapoor nella penombra di San Giorgio Maggiore a Venezia. Le prime gemme della cattedrale vegetale di Giuliano Mauri ad Arte Sella. Il volo dei poveri sulle ramazze in Miracolo a Milano. Gli angeli, tutti i cieli, i dormienti, i sognatori. Ognuno di noi, se ci pensa un attimo, trova il suo immaginario sul quale poter salire, piolo dopo piolo, come sulla scala d’oro di Giacobbe. Anche in questa mostra - che accosta il lavoro di artiste e artisti indipendenti, suggerendo traiettorie ascensionali, sulle quali registrare affinità non programmate, ma certamente riconoscibili– ci troviamo di fronte a delle prove. Manifestazioni inconfondibili dell’incessante esercizio di attrazione dal trascendente, ci invitano a metterci alla prova in quella dimensione dell’esistenza che, nella fisica tanto quanto nel pensiero, sta ben al di sopra della linea di orizzonte.
Prove di volo, fiabesche e narrative, nelle figurine che Lea Contestabile ritaglia da un album dei ricordi interiore e ritesse in giochi di equilibrio, danzanti e musicali quanto fragili, purezza d’infanzia sulle punte, tra gatti lune e fiori, tenerezza sempre minacciata dalla precarietà del sognare come antidoto alla vita.
Prove di blu, nell’intensità cromatica della pittura di Giulia Napoleone, in quei «paesaggi di puntini» che l’artista riconosce come specchio interiore, in una pratica di rigoroso controllo della materia e di lirica trasposizione della presenza dell’essere in entità figurali minime, che si aggregano e dispongono sulla superficie tracciando sempre nuove ipotesi di esistenza.
Prove di luce, nell’ Attimo d’azzurro di Paolo
Dell’Elce, la fotografia usata come rivelatore dell’essere, un’apertura al bene che si rivela in ciò che lo sguardo sa vedere, oltre gli steli, oltre i rami, seguendo la via indicata dai nostri ancestrali maestri nascosti nelle fibre vegetali, fibre sapienti, che puntano in alto, sempre, fino a quando la linfa scorre.
Prove di rispecchiamento tra cielo e terra, infine, che si declinano poeticamente nell’installazione pittorica e oggettuale di Marco Pellizzola, artista che da tempo ha individuato la dimensione del “celeste” come territorio della sua ricerca espressiva sia dal punto di vista cromatico – per la particolare tonalità di colore che domina gran parte dei suoi lavori – sia come tema iconografico, identificabile nell’intreccio di traiettorie che ci consentono di intuire il mistero del nostro essere semplicemente ombre in un controluce di stelle.
Erri De Luca, L’intenzione della bellezza in AAVV, Davar 3. La bellezza e il nulla” a cura di Anna
Giannatiempo Quinzio, Parma, Edizioni Diabasis, 2006, pp.11-12.
Valeria Tassinari
RI-VELATO | ARMANDO GIOIA | ROMANOLELI A CURA DI MARIANO CIPOLLINI
Nuovo appuntamento del calendario mostre dello spazio F’ART
RI-VELATO |ARMANDO GIOIA|ROMANOLELI a cura di Mariano Cipollini.
sabato 15 aprile alle 18 , visitabile fino al 6 maggio, dal lunedì al sabato dalle 17 alle 20
RI-VELATO, due artisti: storie differenti. Scelgono di raccontarsi in uno spazio minimo, con determinazione identitaria, tralasciando il superfluo interlocutorio. Investendo unicamente sulla conoscenza, depositaria di vite vissute, costruiscono l'oggetto narrante che, portato alla nostra attenzione, diventa probabile vettore disposto a rappresentarci. Lavori, parti essenziali di tessuto connettivo che identificano sia l'uomo che l'artista. Trasparenze tanto visive quanto concettuali, pronte a svelarci modalità e criteri per accedere alla comprensione delle rispettive esigenze poetiche: altrettanto pronte, all'unisono, nel ri-velare con discrezione il già detto, se i criteri interpretativi che andremmo a utilizzare non dovessero soddisfare l'onestà intellettuale di cui tanto avvertiamo la mancanza. (Cit. Mariano Cipollini)
MATTONELLA AL
CUCCHIAIO
arte cibo e fantasia
15 ARTISTE, 15 MATTONELLE
Giovedì 8 dicembre
2022 dalle ore 17.00 sarà inaugurata a L’Aquila, Presso F’ Art Via San
Francesco di Paola 13, l’Esposizione e vendita delle mattonelle di ceramica di
15 artiste internazionali che hanno interpretato il tema del cibo come
territorio fisico e metaforico di incontri culturali, sociali e politici che
vanno al di là del fattore nutrizionale. Le mattonelle, i cui multipli sono
stati riprodotti in ceramica, saranno presentate in un packaging realizzato per
l’occasione insieme al calendario con le ricette consigliate e amate dalle
artiste per uno speciale regalo di buon auspicio del nuovo anno.
Nell’ambito delle
attività dello spazio F’Art, l’evento d’arte Mattonella al cucchiaio - Arte,
cibo, fantasia, a cura di Manuela De Leonardis si pone come obiettivo la
raccolta fondi per opere di necessaria manutenzione del Mubaq, Museo dei
bambini, Fossa -AQ-.
Il Mubaq con la
sua Direttrice Lea Contestabile, è una realtà viva e propositiva sul territorio
con molteplici attività nell’ambito della didattica dell’arte, con laboratori
rivolti ai più piccoli e con sinergiche collaborazioni con artisti nazionali ed
internazionali. Lo stesso museo è testimonianza di una significativa collezione
di opere di arte visiva contemporanea. Da sempre spazio di scambio e confronto
sul dibattito culturale artistico è una indiscutibile risorsa nell’intero
panorama nazionale.
La cucina con la ritualità dell’accoglienza e la creatività dell’esperienza sensoriale, che unisce il dare e l’avere, è centrale nel progetto Mattonella al cucchiaio. Arte, cibo e fantasia che vede il coinvolgimento delle artiste:
Sonja Alhäuser,
Primarosa Cesarini Sforza, Lea Contestabile, Cristiana Fasano, Angela Ferrara,
Licia Galizia, Stella Gallas, Donatella Giagnacovo, Silvia Levenson, Patrizia
Molinari, Elly Nagaoka, Beatrice Pasquet, Natalia Saurin, Ketty Tagliatti,
Barbara Uderzo.
Ognuna di loro ha
realizzato un disegno sul tema del cibo che è stato stampato sulla mattonella
quadrata di ceramica. Il disegno è accompagnato da una ricetta dell’artista.
“Ricette del cuore” che coniugano emozioni, memoria e gusto: Il cibo racconta
sempre qualcosa in più di quello che appare. È portavoce di storie ritrovate in
cui il cammino delle civiltà e i suoi drammi e i momenti di gloria, sono tutti
ingredienti che, uniti alla materia prima, ci portano ad ampliare una
riflessione che non è solo gastronomica. Il cibo è legato, poi, alla
creatività. Anche la storia dell’arte, come sappiamo, è gustosamente
intrecciata con la cucina fin dalle avanguardie storiche quando, con il
manifesto della cucina Futurista pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti nel 1931,
nasce un nuovo impulso a creare “bocconi simultaneisti e cangianti”.
a cura di Manuela De Leonardis
La collezione
intera resta disponibile per sostenere la raccolta fondi del Mubaq Museo dei
bambini L'Aquila presso la sede di F'Art, Via San Francesco Di Paola 13, 67100
L' Aquila.
Mutevole
la mostra personale di Giulia Spernazza
Un percorso espositivo che esplora il lavoro recente di Spernazza, frutto di una ricerca da sempre orientata ad indagare attraverso l’arte la dimensione interiore dell’essere umano, la parabola tra luce e ombra dell’esistenza, le vibrazioni profonde e nascoste che legano indissolubilmente gli uomini alla natura. È un’arte del silenzio la sua, una pratica che si sottrae all’urgenza contingente dell’attualità e si fa assoluta, nutrendosi di domande che accompagnano l’umanità dall’alba del suo cammino su questa terra, innestandosi su un percorso parallelo condotto tra filosofia, poesia e letteratura e che informa la sua poetica liberandola dalla dimensione spaziale e temporale del hic et nunc a favore di una cifra universale che dialoga intimamente e personalmente con ognuno di noi.
Attraverso un
linguaggio essenziale che prescinde dalla raffigurazione, dalla
rappresentazione e dall’immagine di cui è saturo il nostro tempo, in una
costante evoluzione formale, Giulia Spernazza sperimenta tecniche e materiali,
declina in un’armonia lieve la relazione tra spazio e opera e tra quest’ultima
e l’osservatore immergendo il pubblico in un’atmosfera sospesa e silente. Tra
opacità e trasparenza, tra luminosità e oscurità, l’arte rende qui visibile la
mutevolezza di ogni cosa e dunque la necessità di interpretare il cambiamento
come condizione fondamentale dell’esistenza, di sciogliere i ‘nodi’ che ne
ostacolano il placido fluire in un processo di trasformazione sempre in fieri.
La mostra sarà
visitabile fino al 5 novembre 2022, dal lunedì al sabato, ore 17-20.
Giulia Spernazza è
nata a Roma nel 1979. Dopo aver conseguito il diploma di Liceo Artistico, nel
2008 si laurea in Decorazione all’Accademia di Belle Arti di Roma. Espone in
permanenza alla Galleria d’Arte Faber (Roma) e collabora con diverse Gallerie
tra cui la Galleria Artistica (Forlì), SCD Textile & Art (Perugia) e la
Galleria Amanei (Salina). Tra le mostre recenti Ex Voto per arte ricevuta
presso il Museo Marino Marini di Firenze; Premio Arteam Cup, Villa Nobel,
Sanremo; IV Biennale del libro d’Artista, Fondazione Monti Uniti di Foggia;
Borderline Festival, a cura di Erika Lacava. Del 2020 la sua personale Strati
d’animo, a cura di Anna Lisa Ghirardi, presso il MuSa Museo di Salò e Memories
to preserve, a cura di Barbara Pavan, a SCD Textile & Art Studio di
Perugia. Nel 2021 realizza delle Installazioni site-specific nella mostra
Terrapromessa per il Festival delle Arti Contemporanee IlluminAmatrice, ad
Amatrice, e per la III Edizione di Todi Open Doors, promosso da Associazione
ArtOut, Todi (PG). Le sue Opere sono state acquisite in permanenza dal Museo
Michetti (Francavilla al Mare) e dalla Civica Raccolta del Disegno di Salò
(MuSa). Nel 2021 la Galleria d’Arte Faber di Roma ha ospitato la sua mostra
personale Vulnerabile. È tra le artiste del Salone Italia, 25WTA World Textile
Art, al Museo del Tessile di Busto Arsizio.
a cura di Barbara Pavan
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Una mattina mi son svegliato
liceo artistico
F.Muzi L'Aquila
VA Arti Figurative
a cura di Donatella Giagnacovo
Spesso si dice che
nei tempi andati la guerra era guerra di eserciti, con l’invenzione di armi
sempre più sofisticate, la guerra è diventata guerra di popoli. Nulla di più
falso. La guerra, da sempre, è guerra di popoli. Persino quando Caino uccise
Abele, tutta l’umanità ne fu coinvolta. Erano solo i loro genitori? Erano
tutti. Picasso mette in evidenza tutto questo, utilizzando la tecnica cubista,
l’unica, a suo parere, benché lontana nel tempo dallo stile da lui inventato, a
rappresentare la “vera realtà” della guerra: la prospettiva è luogo, è vita, il
colore è vita, tolta la prospettiva e il colore, resta solo la morte.
La guerra protegge
solo sé stessa.
La guerra non ha
vincitori, nel suo autoalimentarsi travolge tutto e tutti. Ignari del perché e
del come, esseri indifesi, dall’una e dall’altra parte, vagano verso mete
indefinite, estranee e sconosciute. L’ignoto fa paura e ci si aggrappa al
conosciuto: poche cose messe in fretta in un trolley, una foto, un cuscino.
“Ci riposeremo.”
Occhi stanchi cercano sonni e sogni impossibili, diventano incubi che si materializzano negli urli di un cavallo ferito, di una mamma che offre al mondo il figlio morto, simbolo di tutte le guerre. Anche la pietas, così evocativa di sentimenti umani, china il capo all’ empietà dei dominatori nascosti nell’ombra. La fila di una umanità indistinta, vaga in cerca di un’altra ombra, quella che potrebbe salvare almeno una qualche intimità, in un rifugio improvvisato o costruito pensando ad una prossima guerra. Ma non è più il tempo delle ombre, del privato. Potenti bagliori illuminano la notte: flash di grandi cineprese riconducono lo smarrimento nel turbinio globale della notizia, che è guerra essa stessa. Come in Guernica la luce della lampada non illumina nulla, le schegge di luce sono armi esse stesse, così gli scatti fotografici di insensate carneficine, amplificano il dolore. Il dolore appartiene all’umanità intera, ma sono le donne a doverlo esorcizzare, accollandoselo tutto, poggiando il capo su un cuscino, abbracciando l’incubo nella speranza, spesso vana, che non possa più sfuggire.
Giuseppina
Vecchioli
Di Bianche Spine
Bianco = purezza – luminosità - energia - speranza. Bianco =
vita.
Più che per gli altri colori, pensare al
bianco è pensare ad una serie di aggettivi che rimandano ad altro e oltre il
semplice effetto cromatico. Per il padre dell’astrattismo Wassilly
Kandisky il bianco è dato dalla somma di tutti i colori dell’iride che si
annullano in esso. È come un muro di silenzio assoluto, dove non percepiamo
emozioni, un colore paragonabile a un non – suono. Ma è proprio questa
neutralità che lo rende ricco di energia potenziale da spendere per il futuro;
è proprio questo suo essere pausa tra una battuta e l’altra, nell’esecuzione
musicale per esempio, ad essere preludio di altri suoni e quindi di altra
energia, di altra vita. Quanto di più vicino e simbiotico c’è con l’idea più
intrinseca e vera della donna. L’unica in grado di dare nuova vita.Per questo
il bianco è il colore della donna, del suo viaggio nella condizione umana
ancora oggi irto di spine ma anche di continue rinascite.
“… di bianche spine” è il titolo
dell’installazione artistica di Donatella Giagnacovo …. che è
un viaggio – riflessione sulla condizione della figura femminile nel terzo
millennio. In un periodo in cui alcuni stereotipi sembrerebbero superati,
il potenziale comunicativo del gesto artistico di una donna li fa riaffiorare
con tutta la loro urgenza e drammaticità. E non si tratta solo di un nuovo modo
di pensare alle forme di violenza più tragiche, che troppo spesso sfociano
nella morte e che pure hanno un loro portato necessario. Nella sua ultima
ricerca Donatella Giagnacovo non si ferma solo a questo, con la sua sensibilità
di artista e donna, di moglie, madre ed educatrice, scava in profondità
cercando di far riaffiorare la condizione vera in cui si trova a vivere ogni
giorno la donna del terzo millennio. “L’arte come evento e azione – scrive
Gianluigi Simone sulla Giagnacovo – che si inserisce nella quotidianità, senza
separazione tra spazio estetico e spazio sociale, tra mondo reale e dimensione
artistica”. Nascono così opere che in un’apparente leggerezza di forma e
materia “indagano il mondo femminile con un lessico narrativo che ha in comune
la scelta del bianco ma non come resa al colore, bensì come necessità: il
bianco come luce per illuminare le ombre e le oscure proiezioni che si
riflettono sull’essere donna, il bianco di cui si impregna la materia e che da
essa arretra per lasciare il posto al valore espressivo della forma”. Ed allora
temi come la donna oggetto, la sposa bambina, la donna succube o stereotipo di
bellezza ma non intelligenza, la donna violentata, aggredita ed infine
trucidata tornano di un’urgenza che prende allo stomaco guardando le opere di
Donatella Giagnacovo. Opere che attraggono lo sguardo per la loro immediata
leggerezza e per il loro nitore; ma che al tempo stesso lo inchiodano alla
riflessione e alla presa di coscienza. Una dialettica continua in cui il
pensiero/gesto dell’artista si serve di materiali evanescenti e diafani: veli,
pizzi, trine, nastri, fiori, peluche, piume e di quelle iconografie che fanno
parte del mondo femminile fin dalla nascita. Ma esse, attraversate dal pensiero
e dalla sensibilità dell’artista, perdono la loro forma sterile trasformandosi
in strumento in grado di produrre senso, di generare un pensiero nuovo. Nascono
così la valigia di peluche o il vestito della sposa bambina realizzati in
cemento, le scarpe solo apparentemente vezzose, tempestate di spilli e immerse
anch’esse, in una colata di cemento; si materializza così in tutta la sua
ingombrante presenza il vestito di velo trasparente, desiderio di chissà quali
promesse, che una miriade di spilli al posto delle cuciture lo rendono un
oggetto spettrale simbolo di ancestrali soprusi. E poi ci sono i busti/corazza
e le maschere/ prigione in plastica trasparente, in garza … oggetti leggeri ed
impalpabili … depurati fino all’astrazione e realizzati con materiale di
recupero che, in un rimando ideale al ready made duchampiano, sottolineano la
loro presenza ingombrante, diventando attraverso il fare artistico, sinonimi di
gabbie ed involucri in cui da sempre sono costretti il corpo e l’anima di una
donna.
Non tutto è perduto però “…di
bianche spine” lancia anche un messaggio verso il futuro e alle future
generazioni. E lo fa con oggetti apparentemente non sense. Sono le opere/
libri, anche queste leggere e immerse nella dialettica materia –forma, immagini
ambigue ma anche positive perché invitano a scrivere nuove pagine. Invitano
l’essere umano, donna o uomo che sia, a ridisegnare il suo ruolo nel rispetto
delle prerogative e dell’essenza di ognuno. Ecco credo sia proprio questa la
riflessione finale di Donatella Giagnacovo sulla condizione femminile che,
lungi dall’essere quella che tutte/tutti auspichiamo, deve però non rinnegare
la purezza del bianco vitale che ogni donna porta con se fin dalla nascita.
a cura di Angela Ciano
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